autobiografia cartier bresson

Il dilemma della fotografia

E’ importante e gratificante leggere considerazioni e pensieri diretti, di chi si è cimentato per tutta una vita in una attività totalizzante che ha rischiesto impegno fisico e spirituale; è il caso di Henri Cartier-Bresson e del suo “L’Immaginario dal vero” – Abscondita editore.

Fotografare è trattenere il respiro quando tutte le nostre facoltà di percezione convergono davanti alla realtà che fugge: in quell’istante, la cattura dell’immagine si rivela un grande piacere fisico e intellettuale”

Questa affermazione di Henri Cartier-Bresson riesce, in qualche modo, ad avvicinarmi alle giuste considerazione per risolvere il dilemma che riguarda la fotografia, ovvero se sia Arte oppure no. L’immagine del trattenere il respiro mi porta a pensare che il fotografo (artista?) provi una forte ispirazione,  potente e racchiusa in quell’istante fuggevole che non si ripeterà mai più, e che solo un occhio sempre alla ricerca dell’emozione e del bello, ed uno sguardo non consueto, riusciranno prima ad intuire e poi a catturare con lo scatto.

L’istante ricercato e quindi trovato unirà emozione e bellezza formale e credo che sia questo a dare la cifra artistica al gesto fotografico, ed il risultato potrebbe allora anch’esso essere un’opera d’arte, in virtù di quelle due componenti irrinuciabili che produrranno nell’osservatore un sentimento di sospensione e la possibilità di percepire il mondo da un’angolazione del tutto nuova, a volte straordinaria, e che consentiranno la sperimentazione di non ordinari movimenti interiori per noi che osserviamo il risultato finale.

La mia passione non è mai stata per la fotografia in sè ma per la possibilità, dimentichi di sè, di registrare in una frazione di secondo l’emozione procurata dal soggetto e la bellezza formale, cioè una geometria svelata da quello che ci si offre”.

Fotografare, è noto, significa scrivere con la luce e la macchina fotografica è da considerarsi uno strumento al pari di pennelli o scalpello; certo più sofisticato e che ha già in sè delle potenzialità. A maggior ragione la differenza nei risultati sarà data da chi agisce con lo strumento in mano: quando le doti tecniche si uniscono all’intenzione di una continua ricerca e alla consapevolezza del  bisogno espressivo che preme dall’interiorità, ecco che nasce il gesto artistico.

In questo senso la fotografia potrà essere opera d ‘arte, ovvero nella misura in cui il risultato dello scatto derivi dalla sintesi di un vivere artistico che coinciderà col saper guardare negli interstizi delle coscienze e delle azioni altrui, o della vita che si dipana per le strade o di un paesaggio immobile.

Per me fotografare è un modo di capire che non differisce dalle altre forme di espressione visuale. E’ un grido, una liberazione. Non si tratta di affermare la propria originalità, è un modo di vivere“.

Si potrebbe obiettare, ed è questo il dubbio, che con la fotografia non si ha vera creazione, ma esatta riproduzione della realtà; del resto poco importa se riesce a smuovere nell’osservatore sensazioni poetiche, altrimenti recondite e inerti nella profondità dell’animo.

Ed ecco un’ultima sofisticata considerazione di Cartier-Bresson che ci svela la sua complessità di pensiero convincendoci che immaginazione e gesto fotografico agiscano in lui all’unisono ed in sincronia con il suo stesso vivere senza, peraltro, la preoccupazione di fare o meno Arte.

In fotografia esiste una nuova plastica, in funzione di linee istantanee; noi lavoriamo nel movimento come in un presentimento della vita, ed è nel movimento che la fotografia fissa l’attimo dell’equilibrio espressivo […] ma tutto questo può essere fatto a velocità di roflesso che così ci tiene fortunatamente alriparo dalla pretesa di fare dell’Arte”.

Forse, alla fine delle considerazioni, non deve persistere nessun dilemma, che deve lasciare il posto ad una mente aperta pronta a ricevere ed istintivamente, anche col cuore, distinguere.

Dafne