arte fotografica

Photoluxfestival e Circuito off : la fotografia si fa strada

logoPHOTOLUX_01 La città di Lucca si sta preparando al Photoluxfestival, il Festival Internazionale della fotografia. Il festival ha cambiato, ultimamente, la sua impronta filosofica rispetto ad una decina di anni fa. Intanto è diventato un evento biennale e poi ha lanciato una comunicazione, diretta, calda, efficace; lo avvertiamo leggendo il chi siamo. Questa edizione si farà notare per la partecipazione di personaggi illustri come Sara Munari e Oliviero Toscani. Interessante il tema che affronterà Oliviero Toscani :

Oggi la fotografia è l’Arte più facile ed accessibile. Ma quanti sono gli Autori?

Questo è un tema davvero interessante, assai attuale, ed è fondamentale prenderne coscienza e reperire qualche strumento utile per poter avere un pensiero critico in proposito.

Sarà proiettato nelle sale del Cinema storico della città “Il sale della Terra” , il documentario di Wim Wender su Sebastião Salgado.

Poi vi saranno numerosi workshop oltre che ad  incontri conviviali in libreria insieme a fotografi e ad altri attori del mondo fotografico.

Due le mostre – evento: la mostra dei vincitori del WORLDPRESSPHOTO e la mostra, in realtà itinerante per l’Europa, denominata EPEA: dodici fotografi di nazionalità diverse hanno dato vita ad altrettante interpretazioni visuali del concetto di “The New Social”.

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Ma la cosa che trovo più interessante e divertente è il CIRCUITO OFF : autori non professionisti selezionati da una giuria esporranno in contesti di vita cittadina del centro storico della città. Quindi vedremo le personali di decine di appassionati fotografi allestite in negozi di ogni tipo, in bar, ristoranti, librerie, studi d’artista.

Un bel movimento, tante immagini da scoprire, tante realtà da aggiungere al nostro immaginario.

Da non perdere.

Dafne

Open Studios

Nella città di Lucca, come  immagino accada in altre città d’arte, in certe giornate gli artisti aprono i loro studi, gli Atelier.

Sabato 20 giugno è stata una di quelle giornate. Un modo di avvicinare l’arte al nostro pensare quotidiano.

Entrando in uno di questi atelier troviamo un’aria diversa, sono luoghi nuovi, non sono negozi, non sono laboratori. L’artista che ci accoglie si manifesta già attraverso il suo ambiente, entriamo ed è come se già lo conoscessimo, ha il piacere e la voglia di svelarsi attraverso le sue opere e le sue cose.

E se avessimo l’occasione, l’opportunità, la fortuna di poterci portare a casa un’opera,  quell’atmosfera rimarrà  lì, attorno a quell’opera ovunque la porteremo.

Alcuni artisti presenti su Livin’Art partecipano al Progetto Open Studios (un sabato al mese da maggio a dicembre)

infatti è stato possibile  vedere gli acquerelli di Fabrizio Barsotti direttamente nel suo atelier della caratteristica Via del Fosso

 

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e le  sculture di Andrea Bucci nella Via San Andrea a ridosso della famosa Torre Guinigi

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e ancora le  fotografie di Alessandro Giuliani nel contesto dello storico Mercato del Carmine

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Ciascuna di queste strade e ciascuno di questi luoghi meriterebbe un racconto a sè, che non tarderà ad arrivare

 

Dafne

La ricerca fotografica del pittore Bonnard

Pierre Bonnard – Table set in a garden, 1908

E’ stata la lettura del volume dedicato a Pierre Bonnard   in occasione della mostra Bonnard Photographe al Museo d’Orsay nel 1987, a farmi porre attenzione ed interesse ad un tema di confine come quello del legame fra pittura e fotografia; un tema di cui poco ho avuto occasione di sentire parlare ma che trovo molto stimolante.

A un anno di distanza la mostra fu a Firenze, a Palazzo Rucellai.

Dalla prefazione di Antoine Terrasse trovo subito delle parole che suscitano ragionamenti nuovi:

I costruttori delle cattedrali, gli architetti, gli ingegneri, coloro che hanno tracciato le strade ferrate, nessuno di loro ha mai pensato a queste immagini che si svelano inaspettatamente allo sguardo di uno spettatore. Queste immagini sono conseguenze […] la fotografia è un’arte nella misura in cui colui che la professa trasmette una nuova emozione alla nostra visione e alla nostra mente .

Credo che per Bonnard la fotografia sia stato un  modo per comprendere meglio il possibile raggio di azione della sua pittura, leggendo ho immaginato la sua curiosità nel cimentarsi col mezzo fotografico per comprenderne i confini e apprezzare le differenze con la sua pittura, così come il bisogno di sperimentare personalmente come la fotografia

capta i volti a partire dai volti, gli oggetti a partire dagli oggetti; fissandosi sulla pellicola, la luce rivela la vita a partire dalla vita. Il suo artificio si alimenta della realtà.

La fotografia, in fondo è sempre, per sua natura, pura realtà ed il fascino può derivare dalla sua trasfigurazione in  modo che da semplice resoconto possa diventare suggestione se non emozione, e questo può accadere ad opera di uno sguardo dotato di visione, come certamente quello di un pittore.

Anche la fotografia è una superficie piana, come la pittura, possiede quello stesso distacco rispetto alla realtà. Ambedue si alimentano di una vita propria, e possiedono, ciascuna, la propria magia.

Bonnard usava la fotografia come esercizio, al pari del disegno e non ha mai parlato molto delle sue fotografie, a dimostrazione del fatto che si trattava di una sua esigenza di studio, di esercizio, come fosse una delle componenti del suo lavoro. Sono di Bonnard queste parole

la pittura, rispetto alla fotografia, ha il vantaggio di essere fatta a mano

come dire che è un tramite diretto fra l’artista e la rappresentazione della sua visione, completamente definibile e gestibile dall’autore, mentre la fotografia presuppone una non azione fisica, un gesto materiale limitato che invece nella pittura si manifesta in tutta la sua fisicità di esecuzione.

Dalle foto di B., è chiaro il desiderio di sperimentare fotograficamente le sue visioni pittoriche, utilizzare la pittura per capire e meglio conoscere il suo sguardo, affascinato soprattutto dalla possibilità dell’istantanea. Quello che ho percepito leggendo questo volume è un vivo, urgente desiderio del pittore di non dare per scontato la sua arte, ma di volerla spiegare ed approfondire a se stesso, nei suoi meccanismi interiori. Riesce in questo attraverso l’utilizzo della macchina fotografica, che poi lascia in secondo piano, probabilmente per il personale bisogno di toccare con mano la materia. Le sue fotografie tradivano lo sguardo d’artista, rimandando atmosfere sospese e morbide come le sue tele.

Come si dice nell’introduzione al volume fotografico

Se B. lo avesse voluto, sarebbe diventato un grande fotografo ed alcune sue foto lo dimostrano chiaramente, come quella (sulla copertina del libro) scattata nel 1899-1900 che raffigura la moglie Marthe mentre si toglie la camicia vicino ad un albero: con la grazia e la misteriosità tipiche dell’artista, con la strordinaria forza plastica della composizione, questa immagine rivela un sapiente uso del linguaggio fotografico nel trattamento della luce e nel contrasto tra le diverse materie, la carne, la stoffa e la scorza dell’albero, rese con tutta la ricchezza e la freschezza della loro natura intrinseca.

L’arte è fitta di misteri che si intrecciano.

Dafne

Nudo artistico con pesce

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Non si rimane indifferenti nel guardare questa immagine. Ma dobbiamo bene capirne il perchè. La sensazione che suscita non è netta, e lascia insoddisfatti, in sospeso. Forse si tratta di un’immagine non onesta, ma non è detto che sia così. 

E’ una bellissima fotografia, in bianco e nero, scattata dal fotografo italiano Gian Paolo Barbieri , l’immagine è studiata, ricercata, volutamente ambigua, chiaramente attraente se non altro per la stranezza del gesto del modello. Che è nudo. E’ vero che era il 1999 e che Gian Paolo Barbieri ha realizzato molti altri bellissimi scatti di nudo sia maschile che femminile, ma questo non impedisce di provare a fare osservazioni su questo tema.

Il tema del nudo, del nudo maschile, è assai interessante da sviscerare soprattutto se consideriamo l’inflazione di quello femminile. Ed è interessante il cercare di capire come viene di volta in volta rappresentato e le impressioni che ci suscita. In particolare questa immagine racchiude in sè alcune delle contraddizioni, dei dubbi e delle insicurezze che ne compromettono una sua chiara rappresentazione.

Sarebbe importante, quando guardiamo un nudo maschile, non avvertire una impressione di falsa reticenza, quanto piuttosto osservare un’immagine che non lasci adito a dubbi; ad esempio in questo caso, non si è riusciti a dire chiaramente che il protagonista di questa foto voleva essere il sesso maschile, però non si è riusciti a rappresentarlo, solo a evocarlo. Inoltre la possibilità seduttiva del corpo dell’uomo è  sminuita, resa farsesca dalla presenza dell’animale. In questo modo si contrappone, concettualmente, il ruolo ed il significato del corpo maschile a quello femminile, quando in natura, nei corpi in sè, questa differenza non c’è, e se la percepiamo è perchè ci è stata imposta da una mentalità “di genere”.

L’arte contemporanea, in particolare quella fotografica, potrebbe essere un mezzo per allontanarci da questo equivoco e mettere in evidenza la totale affascinante uguaglianza delle due potenzialità espressive, che certamente avranno una loro diversità comunicativa.

Questa immagine ad un primo impatto ci lascia stupiti o perplessi per la commistione di specie (l’uomo e il pesce) e viene da chiederci subito il significato di questo strano accoppiamento. E’ proprio insolito, bizzarro ma non audace. Si può anche provare un certo fastidio per un senso di non riuscito, per un senso di mancanza di un qualche cosa che potrebbe essere il coraggio, o la sincerità. O per una manifesta volontà di ironia fuori luogo. Perchè non mostrarci l’uomo di fronte, in tutta la sua forte presenza? Perchè far ciondolare la coda dell’animale fra le gambe dello scultoreo modello? Perchè voler sminuire l’impatto sensuale di un nudo maschile? Perchè indurci ad una sensazione che si trova ai limiti fra ridicolo e paradosso? Forse perchè si tratta di un uomo che ritrae un altro uomo, e proprio questo potrebbe rappresentare il limite, che deriva da una impossibilità di scoprirsi emotivamente, di riconoscere le proprie vere intenzioni. Voler sviare il pensiero dell’osservatore dal nucleo centrale che concerne il tema del mistero della naturalità (il corpo nudo) che diventa fascinazione, tema mai occultato quando il nudo è femminile. Ma potrebbe anche non essere così.

Ciò che è certo è che se lo scatto fosse stato fatto di fronte, con l’uomo che solleva l’animale con le braccia, l’effetto sarebbe stato più dirompente e concreto. Questa immagine, certamente ineccepibile, rimane astratta, estranea alle possibili suggestioni che il nudo artistico, una posa, possono suscitare. Ma potrebbe anche essere che l’autore, in questo caso, cercasse proprio questo.

Dafne