Nello stesso giorno ho visitato una mostra fotografica di David La Chapelle e ho letto l’intervento di Sepulveda su Repubblica dal titolo “Ora basta show letterari, racconto la strada”. Questa casualità ha avuto il suo peso nel chiarirmi i pensieri.
David La Chapelle: foto enormi, colori forti e contrastanti, contenuti surreali. Immagini oniriche, bizzarre, fino ad arrivare al kitch. Si parla di L.C. come del fotografo della contemporaneità.
Non riesco a trovarlo interessante, perchè se si occupa della contemporaneità lo fa esasperando quello che già sappiamo di essa senza entrare nelle sue pieghe; viene definito provocatorio ma non lo trovo tale poichè utilizza gli stessi strumenti di ciò che vuole criticare, rimanendo impigliato nella logica di ciò che vuole reinterpretare; se ne dovrebbe discostare, cambiare inquadratura, punto di vista, angolazione; addirittura viene definito sensuale, ma non ho trovato nessuno dei corpi, da lui fotografati, sensuale poichè le sue immagini non suscitano quella sensazione inesprimibile di ricerca di un altrove ma solo un incauto e irriflessivo mettere in mostra, chiassoso e niente affatto poetico. E’ riuscito in una messa in scena parossistica della società, quando invece ritiene di farne una critica, critica impossibile dato che ne utilizza tutti gli stilemi andando a creare una sorta di circo da spot televisivo, forzatamente eclatante. In sostanza ho avuto l’impressione finale di assistere ad un grandequivoco che mi si è fatto chiaro quando ho nettamente percepito tutta l’inutilità di un enorme ritratto di Naomi Campbell nuda. Una inutilità che rasenta l’ingiustizia, a dimostrazione di quanto l’etica e l’estetica siano interconnesse e quanto entri in gioco, nel campo delle manifestazioni artistiche, il tema del senso di responsabilità. L’equivoco è quello del confondere la periferia con il centro.
Della mostra di La Chapelle ho apprezzato le fotografie delle composizioni floreali, che rimandano al classicismo. Vasi di fiori per lo più appassiti, eccentricamente combinati, con l’aggiunta di elementi della nostra quotidianità, di oggetti quindi, ma oggetti che per qualche motivo sembrano morti, usati e buttati, offesi. In queste foto ho avvertito l’espressione di un disagio, il voler manifestare un pensiero interiore difficile, che attraverso queste composizioni contrastanti, arriva a toccare le corde dell’osservatore contemporaneo in maniera sotterranea e non plateale come nel resto del suo lavoro. Per questo, a mio parere, L.C. è riuscito ad esprimere autenticamente qualche aspetto della sua interiorità solo attraverso le nature morte, che considero gli unici lavori artistici visti in questa mostra.
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E’ stata la lettura dell’intervento di Sepulveda a farmi capire meglio, per contrasto, le sensazioni ambigue lasciatemi dalla vista delle immagini di La Chapelle ed a farmi comprendere totalmente il significato del ruolo dell’arte e dell’immagine nella società, fra gli uomini. Non solo, si è imposta alla mente anche una frase di D’annunzio (ricordatami recentemente da questo post) “La vita è un dono, dei pochi ai molti, di coloro che sanno e che hanno a coloro che non sanno e che non hanno” a monito e testimonianza della necessità della presa di coscienza del valore e del ruolo dell’artista e della sua vita nel mondo.
Sepulveda ci fa scendere col pensiero per strada, allontanandoci dai salotti e dalle parole prive di senso, per avvicinarci ai marciapiedi
“ogni giorno che passa mi piacciono di più la vita, la strada, i fatti sociali, perchè trovo che là le parole assolvano ancora una funzione necessaria […] il valore che do alle parole mi ha insegnato che hanno un profondo senso della vergogna e soffrono se usate male“
Eccolo il nocciolo della questione, ecco cosa può provocare La Chapelle con le sue immagini: sofferenza, a causa di un mal utilizzo di un mezzo espressivo, forse di mancanza di responsabilità e di coscienza della propria azione.
Senza dimenticare che La Chapelle è considerato un fotografo che fa dell’ironia la sua cifra stilistica, e su questo tema rimando ad un altro interessante post.
Dafne
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