danza

Due grandi classici del balletto “rivisitati e corretti”

E’ giusto che i giovani coreografi si cimentino creativamente nel riproporre balletti che fanno parte dell’immaginario collettivo di molti appassionati.

E’ un esercizio importante, uno stimolo al “guardare” oltre che al “vedere”, per chi come me ha il grande piacere, quando possibile, di assistere ai balletti dal vivo.

Questo 2020 è iniziato con la visione, GIA‘, di ben due balletti del repertorio classico: Il Lago dei Cigni e Cenerentola.

IL LAGO DEI CIGNITeatro dell’ Opera di Roma – Musica di Pëtr Il’Ič Čajkovskij – Coerografia di Benjamin Pech da Marius Ptipa e Lev Ivanov- Direttore d’orchestra Kir KabarettiOrchestra e Corpo di ballo del Teatro dell’opera di Roma con Polina Semionova e Daniel Camargo interpreti principali.

Trama, NON indispensabile da leggere:

[ Il Lago dei Cigni andò in scena la prima volta a Mosca il 20 febbraio 1877 sotto la coreografia dell’austriaco Wenzel Reisiger, senza successo. Il successo arrivò molti anni dopo, nel 1895, a Pietroburgo con la coreografia di Marius Petipa e del suo assistente Lev Ivanov.

Ed è questa versione, più o meno, che è arrivata fino ai nostri giorni: una impossibile passione amorosa che ruota attorno alla mitica figura della donna cigno, soggetto presente nella tradizione favolistica popolare russa.

Abbiamo Odette – la donna cigno soggiogata dal sortilegio del Mago Rothbart, che oltre a lei tiene sotto il suo maleficio altre fanciulle che acquistano sembianze umane solo di notte – ed abbiamo il Principe Sifgrid.

Il Principe Sigfrid si innamora di Odette, una qualvolta che può vederla sotto la veste di fanciulla durante una battuta di caccia all’ora del crepuscolo. Ma è un amore impossibile (forse come fu impossibile a Čajkovskij l’amore per le donne?): Odette è una donna/cigno fino a che qualcuno non le giura amore eterno chiedendola in sposa.

Qui entra di nuovo in gioco il malvagio Rothbart che trasforma sua figlia in una simil/Odette al punto che sarà a lei che il Principe Sigfrid chiederà la mano.

Per Odette non c’è più salvezza. Il principe tenta di salvarla cercandola sul lago, ma una tempesta travolge entrambi gli amanti. Questo è solo uno dei possibili finali. ]

Ma veniamo all’idea di Benjamin Pech. Il coreografo/ex ballerino francese, pur mantenendo l’impianto coreografico classico nello stile, sovverte la trama. Spinge non tanto sul tasto dell’amore (fra Odette e Sigfrid) quanto sul tasto dell’amicizia (fra Sigfrid e Benno) introducendo infatti questo nuovo personaggio: Benno.

Quindi non più una figura esterna di Mago malefico, quanto quella di un amico in carne ed ossa che si rivelerà traditore e ambiguo dato che sarà in grado di impedire il coronamento dell’amore Sigfrid/Odette.

Quindi la “favola” scende di un piano e ci raggiunge per strada, arriva a noi comuni mortali, rappresentando le nostre contraddizioni, invidie e debolezze varie.

Un coraggioso approccio che non disturba la rappresentazione.

Tale amicizia maschile verrà oltretutto glorificata nel finale senza dimenticare – altro dato degno di nota – che, nel primo atto del balletto “secondo Pech“, i due amici ballano e si incontrano con passi ed elementi coreografici da “coppia classica”.

Benjamin Pech, pur avendo ridotto la stesura musicale, non ha perso una nota della entusiasmante musica di Čajkovskij facendo aderire perfettamente note e gesti e dando alla fin fine, come sopra descritto, una visione tutta sua del Lago de cigni. Lo esprime bene in questo stralcio di intervita:

Domanda: Afferma di aver trovato molto riferimenti ai sentimenti di invidia e di rivalità nella musica di Čajkovskij che, oltre ad essere investita di un profondo senso di malinconia, fa emergere anche le problematiche di una omosessualità mai dichiarata del compositore.

Risposta: Esattamente. Tra Benno e Sigfrid, che hanno condiviso tutto nella loro infanzia, c’è anche una connesssione sottile che li lega profondamente da un sentimento che va oltre l’amicizia.

CENERENTOLATeatro del Giglio Lucca – balletto in un atto per 14 danzatori Compagnia Nuovo Balletto di Toscana.
musica Sergej Prokof’ev
coreografia, regia, drammaturgia Jiři Bubenicek (dalle fiabe di Fratelli Grimm)
scene Jiři Bubenicek e Nadina Cojocaru
costumi Nadina Cojocaru

Ben diverso il caso di Cenerentola. Il coreografo Jiři Bubenicek oltre a ridurre drasticamente la durata della musica ha introdotto una nuova coreografia tutta contemporanea, mantenendosi perarltro assolutamente fedele alla trama dei fratelli Grimm.

Quindi possiamo dire che si tratta di una operazione inversa a quella precedente (Lago dei Cigni) ma l’intento è lo stesso: attualizzare vicende che evidentemente hanno già in esse stesse una matrice di universalità.

Ed infatti qui abbiamo la Cenerentola docile ma combattiva che riuscirà a coronare il suo desiderio di vita. E poco importa se anzichè le scarpette a punta la vediamo con delle luccicanti sneakers dorate.

Noi spettatori dobbiamo essere pronti ad accogliere nuove idee soprattutto se messe in atto da professionisti ineccepibili come i ballerini del Nuovo Balletto di Toscana e del Corpo di Ballo del Teatro dell’Opera di Roma.

Due spettacoli da non perdere. Viva la danza!

Dafne Visconti

La danza ed il suo mistero

Mi è capitato spesso di riflettere sulla danza e sul suo significato più profondo. Su cosa abbia di diverso dalle altre forme di arte, su quale livello riesca a coinvolgerci, quali corde interne vada a toccare. E’ lampante che al centro del tutto vi sia il CORPO e le sue innumerevoli possibilità espressive.

Coloro che praticano la danza sono i detentori assoluti di questa possibilità espressiva e comunicativa, capaci di una vera e propria estroflessione dell’universo interiore attraverso il corpo.

Otello - Compagnia del Balletto di Roma

Otello – Compagnia del Balletto di Roma

Doti fisiche e rara sensibilità interiore educate ed amalgamate da una rigorosa disciplina e da una continua ricerca fanno nascere quelle persone speciali che noi chiamiamo semplicemente “BALLERINI”, veri artisti che che ci consentono , se vogliamo, di attraversare il vetro opaco dei nostri confini sensoriali e sfociare altrove, stare un po’ in questo altrove e poi rientrare nel nostro mondo con una coscienza nuova, una coscienza sorpresa.

Rudolf Nureyev

Rudolf Nureyev

 

“Quando un danzatore è all’apice della potenza, possiede due cose splendide, fragili e deteriorabili: la spontaneità, conquistata dopo anni di esercizio e la semplicità, non intesa nell’accezione usuale, ma come stato di semplicità assoluta, quello di cui parla T.S Eliot e che si consegue sacrificando assolutamente tutto” Martha Graham

Del resto i sentimenti ed i valori che la danza vuole studiare ed esprimere sono sentimenti e valori UNIVERSALI e come tali ci raggiungono, istintivamente.

Concepisco la danza come il frutto di una ricerca che è crocevia fra corpo e intelletto. La perfetta sinergia fra CORPO e MENTE e come avviene per i sistemi complessi durante una rappresentazione teatrale il tutto è sempre di più che la somma della parti.

La coppia Anna Tsygankova Matthew Golding

La coppia Anna Tsygankova Matthew Golding

Charles Baudelaire spiega così il valore aggiunto insito nell’arte della danza: ” La Danza può rivelare tutto ciò che la musica racchiude”

La Danza ci piace davvero!

Dafne

La natura che è in Bolle

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Dopo quello visto a Torre del lago (2011) con, sullo sfondo, la distesa di acqua ed il cielo estivo notturno, e dopo quello a Bolgheri (2010) in una incerta nottata di luglio con il rumore dei tuoni e dei fulmini alle spalle ( il fine luglio è sempre meteorologicamente imprevedibile) eccomi questo 22 luglio alle Terme di Caracalla in una sicura serata estiva romana, che segue alla improvvisa grandinata del giorno precedente.

Di nuovo Bolle&friends; è per me un richiamo ogni anno, sempre nei giorni attorno al mio compleanno, pretesto quindi per un regalo.

Le Terme di Caracalla sono un contesto suggestivo ed affascinante. Quest’anno Bolle era su questo palco a cielo aperto con gli “amici” del Metropolitan di New York.

Non voglio adesso descrivere i brani di danza che ho visto, che per motivi diversi, ho trovato belli, interessanti o addirittura entusiasmanti. Li troverete tutti ben descritti da questo post di ilpadiglionedoro http://ilpadiglionedoro.wordpress.com/2013/07/28/fra-stars-stripes-e-prototype-roberto-bolle-e-labt-alle-terme-di-caracalla/

Quello che vorrei dire è che il vero Bolle si è manifestato principalmente nell’ultimo brano, quello ideato coreograficamente per lui da Emanuele Volpini.

Qui Bolle, finalmente solo, ha messo in evidenza le sue doti di ballerino-artista, mostrando tutta la sua vena interpretativa e le sue caratteristiche  tecniche che uniscono al  movimento sinuoso ma pulito un che di possente, senza uscire fuori dal perimetro dell’interpretazione artistica, senza mai apparire puramente atletico.

L’ ultimo brano presentato – Prototype – che mi ha particolarmente colpito si ammira per la vera ricerca artistica del coreografo e la coerente interpretazione del ballerino; si tratta di un’opera.

Il confronto con i ballerini americani viene, a questo punto, da sè;

il substrato culturale di Bolle, la sua origine, ciò di cui è impregnato si manifestano in lui con naturalezza, non c’è sforzo, è un’insieme: la fusione di gesto (la danza) e pensiero, o l’uno che viene dall’altro e viceversa. Ed è proprio questo che ha affascinato il pubblico americano ( nel 2009 Roberto Bolle è stato nominato “Principal” dell’American Ballet Theatre, New York) , che per la prima volta, sembra, ha acclamato un ballerino europeo.

Ce lo spiega la critica di danza Valentina Bonelli

”  …la rara bellezza scenica e la nota precisione tecnica di Bolle sarebbero potute non bastare a un pubblico che insieme all’eccellenza richiede ad ogni suo Guest una personalità artistica che lo sorprende, ancor meglio se rivelatrice dellapropria cultura d’origine. Il momento artistico felicissimo e le particolari condizioni del debutto americano, sei anni fa, convinsero subito gli americani che il ballerino italiano con le proporzioni da statua romama e l’avvenenza da divo di Hollywood avrebbe portato sulle loro scene una sensibilità interpretativa nuova.”

Non perdiamoci la danza.

Dafne

MaggioDanza – I quattro temperamenti e Notte trasfigurata

Il MaggioDanza ha recentemente messo in scena le coreografie di due mostri sacri della danza del Novecento. Si tratta del coreografo di origine russa George Balanchine (San Pietroburgo 1904 – New York 1983) e della coreografa tedesca Susanne Linke (Berlino 1944).

E’ un dato di fatto che gli eventi che riguardano la danza non creino mai l’aspettativa nè suscitino il clamore tipico di altri settori delle arti. Deve trattarsi di un vizio culturale, frutto di una educazione non completa, dato che la danza può davvero toccare le innate corde artistiche di ciascuno essendo un diretto linguaggio del corpo. Corpo, musica e spazio. Niente di più immediato e comprensibile.

I due pezzi proposti – I quattro temperamenti e Notte trasfigurata – della durata di poco più di mezz’ora ciascuno, sono stati così ricchi ed appaganti da far pensare di aver trascorso al teatro una giornata intera. Interessante anche il fatto che le due coreografie si differenzino l’una dall’altra sia per lo stile espressivo che per la forza ispiratrice.

I quattro temperamenti di George Balanchine

Malinconico, sanguigno, flemmatico, collerico: ecco i quattro temperamenti umani definiti dalla scienza medica medievale ed in cui possiamo specchiarci di volta in volta.
Il balletto messo in scena è una rappresentazione coreografica di queste 4 categorie. E’ totalmente messa in atto la creatività artistica del coreografo, che attraverso lo studio della capacità espressiva del corpo riesce a trasmettere allo spettatore il significato più interiore dei quattro tipi caratteriali.

Ci immedesimiamo. Veniamo condotti verso uno spazio astratto di cui certamente non facciamo esperienza nella vita quotidiana, si verifica una sorta di rapimento delle nostre menti. Si tratta di una breve incursione nei mondi inesplorati della possibile espressività umana. Non possiamo che rimanerne ammaliati perché partecipiamo ad un crearsi di impressioni ed emozioni grazie ai movimenti di corpi di uomini e donne in carne ed ossa, esattamente come lo siamo noi. Sentiamo tutto il valore aggiunto della danza, che e’ la fisicita’.

Non si può negare l’efficacia di questa forma espressiva: comprendiamo appieno, intimamente e direttamente i diversi temperamenti, più delle tante parole che servirebbero a spiegarli, anzi si tratta di un linguaggio che opera su di noi ad un altro livello e che va oltre al contenuto.

E’ un evento mettere in scena “I quattro temperamenti”, se e’ stata considerata la più importante coreografia del Novecento ed è stata rappresentata per la prima volta a New York nel 1946. Si tratta di una pietra miliare nella storia del balletto che fu così traghettato dalla neoclassicismo alla modernità.

Fu una vera e propria ricerca quella di Balanchine, la ricerca dell’essenza della danza che lo portò a concepire un modo di danzare nuovo sia negli aspetti tecnici che in quelli espressivi. La danza di Balanchine e’ puro movimento e corporeità, non lascia spazio all’espressività propria del
danzatore, alla mimica facciale o all’enfasi. I movimenti sembrano fluire indipendemente dalla volontà, la forza evocativa è notevole. Questo è possibile anche in virtù delle innovazioni tecniche operate da Balanchine che rivede e modifica le regole canoniche della danza pur non abbandonandole.

E’ uno stile  cristallino, puro, non inquinato da sovrastrutture personali o culturali. Una vera innovazione della forma espressiva. Lo si capisce anche dalla scelta dei costumi ridotti a body neri per le danzatrici e a t-shirt bianche e calzamaglie nere per i danzatori. Così dai corpi può emanare tutta la poetica.

Notte trasfigurta di Susanne Linke

Sono le parole della coreografa che ci fanno comprendere la sua ispirazione: “Wo die Loìiebe hinfallt. Questo è un proverbio tedesco. Significa: che scherzi fa l’amore. Ispirandomi al significato di questa espressione, ho provato ad immaginare coppie in cui l’amore segue un suo corso, che noi non vogliamo o non abbiamo immaginato. Può accadere a tutti noi! Dall’altro lato…noi non smettiamo di sognare un amore eternamente felice”

Il lavoro di Susanne Linke si svolge tutto sull’espressività dei danzatori, che attraverso il corpo devono restituire un’esperienza precedentemente interiorizzata. L’indagine della coreografa avviene a livello intimo ed emozionale e non solo sul piano esteriore, estetico, del movimento. Ritiene infatti che la possibilità di espressione corporea sia la strada per raggiungere la conoscenza del proprio essere, come se attraverso la danza il corpo si potesse liberare dal dominio della mente. Potrebbe trattarsi quasi di una teoria filosofica. Si può parlare di danza espressionista: l’interiorità esce prepotentemente, con enfasi, carica di turbamento, e si incoraggia la ricerca espressiva individuale del danzatore.

Nella Notte trasfigurata il tema è l’amore come motore di ricerca individuale della propria spiritualità, nelle sue sfumature e nella sua universalità: in una notte illuminata dal plenilunio una coppia di amanti si rivede dopo che la donna ha confessato di attendere un figlio da un altro uomo. Vengono così messe in scena le forze che dirompono quando le passioni superano la logica dei possibili accadimenti, e le istintive disperazioni e lacerazioni umane si fanno strada da sole, senza intermediari. Susanne Linke ama trarre ispirazioni dalla vita, sentendo sempre un collegamento tra la danza e la vita:

“E’ compito dell’artista astrarre dalla propria esperienza personale e dal proprio modo di leggere l’esistenza qualcosa che sia universale”

Notte_trasf Notte_trasfiguarata

I due balletti mostrano due diverse modalità di concepire l’arte della danza, concezioni diverse che attraggono in ugual misura, magneticamente, verso astrazioni espressive irrinunciabili (come la poesia) per non soccombere alla sola concreta realtà.

Dafne

“Otello” Balletto di Roma – coreografie Fabrizio Monteverde

Otello, interpretato dal bravo Vincenzo Carpino, è grandissimo, statuario e si offre al pubblico completamente nudo all’inizio dello spettacolo, forse ad anticipare la passionalità dell’azione che sfocerà in tragedia. La scelta del coreografo arriva allo scopo: impressionarci istantaneamente, non per gradi e senza farci ragionare, per la forza fin troppo esplicita di quell’immagine. Si può riflettere su quanto possa essere eccessiva la chiara scelta ad un richiamo subito erotico, come se anche nella danza si fosse insinuata la precipitosità espressiva dei tempi che stiamo vivendo.

Allo stesso modo l’intera coreografia è improntata su una forte fisicità, soprattutto maschile, dove la donna è asservita all’uomo, i suoi movimenti ne dipendono. Tutto questo, e la sensazione che ne deriva, è funzionale a farci intuire la trama della tragica vicenda a tre (Otello-Jago-Desdemona), cosa non facile trattandosi di un balletto. La sensualità delle danze e della musica rende evidente il filo conduttore della storia, ovvero la dipendenza psicologica fra i tre personaggi, e le reciproche e recondite passioni.

La principale osservazione da fare sul Balletto di Roma, e sulle coreografie moderne in generale, è che spesso si cammina sul sottile confine tra atletismo ed arte. Anche durante questo spettacolo, a volte, pare di assistere a prestazioni fisiche, prodezze atletiche e non veniamo emotivamente coinvolti: ci concentriamo sui corpi, sui movimenti, notiamo la bravura e la perfezione di esecuzione di ballerini e ballerine, con sguardo ammirato ma distaccato. E’ solo quando non ci accorgiamo più di gambe e di braccia, e non pensiamo più alla loro capacità di esecuzione, che i ballerini stanno veramente esprimendo il loro essere artisti: siamo coinvolti, ci sentiamo in mezzo a loro, partecipi di un unico insieme fatto di musica, movimento e spazio ed altri elementi che non riusciamo più a distinguere gli uni dagli altri. La mente è libera, la nostra percezione è cambiata e sganciata dal tangibile, riceviamo moltecipli suggestioni di cui non sappiamo con precisione l’origine. Assistiamo al tutto dimenticando la nostra parte razionale, infatti è qualcos’altro che ci consente di godere dell’espressività della danza, quando questa riesce a regalarci delle sincere emozioni.

L’ “Otello” del Balletto di Roma ha avuto degli alti e dei bassi: ci sono stati momenti di freddezza esecutiva, ma nell’insieme ha prevalso l’enfasi artistica che si è benissimo accompagnata a quella delle musiche di Dvorak. Le scenografie e le luci hanno amplificato l’atmosfera da dramma: rosso e nero i colori prevalenti. L’originale ambientazione sulla banchina di un anonimo porto di mare, sta forse a rappresentare l’imprevidibilità delle situazioni, la non conformità, l’inconsuetudine, la possibile violenza delle azioni, il luogo delle diversità, così come è diverso il nero Otello.

Bellissimo il finale, quando il palco è apparso per metà coperto da un drappo rosso e Desdemona, seminuda e morente, viene inutilmente sorretta e pianta da Otello, pentito e disperato.

La danza riesce, spesso più di altri mezzi espressivi, a mettere in scena in modo convincente ed emozionale le più significative opere creative che narrano di forti vicende umane, per il fatto di essere linguaggio corporeo, non mediato dalla parola, quindi più diretto, originario.

LIMON DANCE COMPANY

La compagnia di danza “Josè Limon Dance Company” è stata fondata a New York nel 1946 da Josè Limon. E’ nata quindi in un momento di passaggio, quando la danza diventa forma di espressione innovatrice dando così luogo alla modern dance, e affrancandosi dai codici del classicismo.

Lo spettacolo consisteva in 4 performance.

Due di queste hanno risentito di una forzatura, dovuta all’aver accostato la musica settecentesca all’espressione corporea, dando luogo, più che a uno spettacolo di danza, ad un leggero racconto teatrale. In sostanza mancava la forza espressiva che lo spettatore del balletto si aspetta, portandolo a seguire una serie di passi ben congegnati ma privi di emotività.

Le altre due perfomance, invece, sono risultate interessanti.

Nella prima, “There is a time”, il tema pricinpale è il cerchio che si scompone e ricompone ad evocare lo scorrere del tempo, e la caratteristica esecutiva di questo brano è la virilità: potenza ed eleganza che nella danza diventano un connubio affascinante, di una bellezza non necessariamente dirompente; infatti non si viene qui trascinati in un coinvolgimento adrenalinico (come a volte noi spettatori pretendiamo), ma in un soddisfacimento visivo e mentale più sottile e penetrante.

L’altra perfomance sono le “Cinque evocazioni di Isadora Duncan”. Il fascino di questi cinque pezzi interpretati da cinque danzatrici diverse, deriva anche dagli effetti simbolici della coreografia, dalla armoniosa corrispondenza dei movimenti con la musica, dagli abiti semplici e leggeri che ricordano il peplo dell’antica Grecia, e dai veli colorati che sinuosamente si animano e prolungano il corpo e le braccia delle danzatrici accentuando la libertà e l’espressività dei movimenti. Ad esempio il brano intotolato “Menade” racconta delle Menadi, donne (dette anche Baccanti) dell’antica  Grecia  in preda alla frenesia estatica e invasate da Dionisio, il dio della forza vitale. In questo caso la danzatrice indossa un leggero abito rosso e tiene in mano un lungo velo rosso che amplifica la vitalità e la forza naturale dei sui movimenti, coinvolgendoci nella danza.

Nell’insieme, forse, lo spettacolo ha mancato di coerenza ed a volte è apparso più cervellotico che emozionale, ma è sempre interessante poter assistere a simili spettacoli, lasciar scorrere libere le impressioni e poi ricomporle in modo critico.

Dafne

Limon Dance Company

Direzione Artistica
Carla Maxwell
 Direzione Artistica Associata
Roxane D’orleans Juste
La Compagnia
Kathryn Alter, Rapha¸l Bouma¿la, Durell R. Comedy, Roxane D’Orléans Juste*, Kristen Foote,
Jonathan Fredrickson, Logan Kruger, Ashley Lindsey,
Belinda McGuire, Dante Puleio, Francisco Ruvalcaba, Daniel Fetecua Soto, Robin Wilson