cultura

A Teatro i Piccoli Crimini Coniugali con Michele Placido e Anna Bonaiuto

“Piccoli Crimini Coniugali” di Éric-Emmanuel Schmitt. Adattamento e regia di Michele Placido  con Anna Bonaiuto e Michele Placido, Teatro del Giglio di Lucca Domenica 3 Marzo 2019.

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Una felice rappresentazione dell’intenso testo di Schmitt. Una messa in scena che ricalca con credibilità il difficile equilibrio che è spesso indispensabile cercare con tenacia all’interno di una relazione di coppia; equilibrio tra un istintivo senso di angoscia causato dal sentore di dipendenza dall’ “altro” e l’ irrinunciabile senso di ricchezza che deriva dal confronto con quello stesso “altro“.

Un bel gioco delle parti femminile/maschile, debolezza/forza. Parti che, intelligentemente, si ribaltano e danno un forte spessore alla pièce teatrale evitando gli abusati ed inutili clichè uomo/donna per farci invece entrare in una appagante, anche se non rassicurante, complessità del gioco delle coppie.

Assolutamente straordinari Anna Bonaiuto e Michele Placido che con una interessantissima gradualità ci hanno portato, letterarmente trascinandoci, all’interno della storia di Lisa e di Marco e fra i meandri delle due personalità. Emozionandoci ed anche commovendoci per essere riusciti a mostrare, lentamente e con forza, la debolezza quasi struggente sia di Lisa che di Marco, senza mai rinunciare – anche –  allo spirito di commedia tipico della vita vera.

Ci siamo amati, pubblico e attori, nel pomeriggio della domenica di rappresentazione al Teatro del Giglio di Lucca. E Michele Placido, acclamato insieme ad Anna Bonaiuto, ci ha sinceramente ringraziato, per la nostra “straordinaria” attenzione e partecipazione.

Grazie a voi Anna (Lisa) e Michele (Marco), per averci fatto vedere con occhi esterni, compassionevoli ed indulgenti,  la nostra vita.

Da non perdere.

Dafne Visconti

 

 

 

 

Turner, le opere della Tate a Roma

Nel suggestivo contesto del Chiostro del Bramante, a due passi da Piazza Navona in Roma, si apre al nostro sguardo il mondo interiore e vissuto di William Turner, pittore del romanticismo inglese ( Londra, 23 aprile 1775 – Chelsea, 19 dicembre 1851 ).

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Attraverso le sue opere si scopre la sua vita, totalmente dedicata alla sua arte.

La mostra si apre con un acquarello di non grandi dimensioni (cm 24,4 x 30,4 ) collocato sulla parete blu cobalto di un ambiente di dimensioni misurate e solo leggermente illuminato.

Il titolo di questa prima opera che viene offerta alla nostra vista è  Venice: looking across the lagoon at sunset. Già dal titolo possiamo intuire la  suggestione suscitata. Da notare che molte opere di Turner hanno titoli molto lunghi e descrittivi.

La mostra è molto interessante, coinvolgente e suggestiva. Da non perdere.

TURNER Opere della Tate – 22 marzo / 26 agosto 2018

Chiostro del Bramante, Via della Pace -Roma

 

Dafne

 

Crocevia di Mario Vargas Llosa

 

 

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CROCEVIA di Mario Vargas Llosa Einaudi Editore 2016 pag .239 Traduzione di Federica Niola

Non supera il fascino e l’esaltazione procurati dalla lettura – anni fa – de “Le avventure della ragazza cattiva”, in ogni caso l’ultima pubblicazione di Vargas Llosa “Crocevia” ha lo spessore che un grande autore come lui non può evitare di produrre.

Uno spessore ed un messaggio che si rivelano compiutamente nel finale facendoci capire e conoscere un certo momento storico del Perù.

La scioltezza della scrittura e la trama strana e accattivante trascinano la lettura, sebbene non si sia mai certi di dove l’autore voglia andare a parare, cosa ci voglia veramente raccontare.

Ma tant’è, è letteratura!

Ed alla fine il tutto si palesa fortemente e con soddisfazione di lettore.

 

Dafne

Matematica e Poesia

La Strategia dell’addio di Elena Mearini

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Una raccolta di poesie. Direi d’amore.

E’ diverso il leggere poetico quando fra le sue righe compaiono i sicuri e confinanti termini matematici.

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Come se quell’emozione che potrebbe galoppare fosse contenuta dalla razionalità del mondo matematico.

Un interessante punto di vista, poesie d’amore diverse dal solito

 

Strategia dell’addio di Elena Mearini

LiberAria Editore pag.158

 

Dafne

Fanny e Alexander, il sogno “vero” di Bergman

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Se dovessimo seguire una logica per raccontare e descrivere questo straordinario film di Ingmar Bergman, sarebbe la logica dei sogni.

E proprio come quando si sogna – che  ti accorgi di aver vissuto in una allucinazione solo quando il sogno è finito – allo stesso modo capisci che sei stato condotto in logiche e strade “altre” solo quando il film è finito, e le luci si riaccendono in sala destandoti.

Fanny e Alexander è più che  un film, ed è anche più che un sogno. Potrebbe trattarsi di un miracoloso intersecarsi di questi due tipi di non realtà: l’immaginazione ed il sogno. Bergman riesce a rappresentare e quindi svelare questo piano di intersezione – aggiungendo un livello di conoscenza – grazie alla sua potente maestria nell’utilizzare il linguaggio cinematografico. Perché di questo si tratta: di cinema.

Al di là dell’indubbia atmosfera onirica, Fanny ed Alexander – e qui sta il miracoloso – riesce a toccare corde vivide, vere, che richiamano in noi sicuri vissuti che, per quanto inconsci, non sono certo fittizzi o irreali. Trasportati dalla sapiente narrazione per immagini del regista, inconsapevoli spettatori, vediamo scorrere idee, pensieri, sensazioni già provate, stralci di vita nostra o altrui raccontati come solo una poesia può riuscire a raccontare, ovvero attraverso un che di illogico e una sintassi improria che – essa sola –  rivolta le nostre conoscenze e coscienze profonde per farle ri-affiorare alla nostra superficie conscia.

C’è della poesia in questo film e come una poesia regala suggestioni.

Lo sguardo narrativo è quello di un bambino che ancora non sa e non distingue, è aperto, vergine, privo di pregiudizio, ricco di fantasia e soprattutto di speranza. E’ straordinario poter cogliere questo sguardo, farlo proprio. Fanny e Alexander ci porta a provare un grande fascino per quella fase della  vita di tutti noi, tra la fine dell’infanzia e l’inizio dell’adolescenza, rapida e di possibile incanto. Il regista riesce a condurci lì, magistralmente e con grande facilità, facendoci avvertire il privilegio di esserne spettatori esterni.

Con Fanny e Alexander, come in sogno e come al teatro, sperimentiamo una forma di realtà non logica, a volte enfatizzata, che ci piace molto esperire, perchè è più che vivere. E’ superare le abituali categorie e fare ingresso in nuovi ambiti che scopriamo di avere già in noi, senza conoscerli.

Bergman è un eccezionale regista e Fanny ed Alexander un gran bel film, da vedere al cinema, con lo schermo gigante ed al buio. Un film è fatto di immagini e quelle che vediamo sono sempre immagini bellissime. La sicura bellezza delle immagini e la loro ricercatezza non possono stancare: le tre ore del film sono – oltre a tutto il resto – un vero e proprio appagamento estetico, di cui evidentemente il nostro “cervello” non smette di avere bisogno.

La bellezza delle immagini del film è reale. La narrazione è al limite di ciò che possiamo ritenere verosimile. Il risultato è un equilibrio che sa di magico e che porta a farci provare una perturbante sensazione di vertigine.

“Tutto può accadere, tutto è possibile e verosimile. Il tempo e lo spazio non esistono, l’immaginazione fila e tesse nuovi disegni”

Fanny e Alexander di Ingmar Bergman – 1982

Dafne Visconti

La Tela Violata – Arte

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La Tela Violata è la mostra corrente al Lu.C.C.A (Lucca Center of Contemporary Art).

Fontana, Castellani, Burri, Scheggi, Simeti, Amadio e l’indagine fisica della terza dimensione.

Una visita che espone la nostra mente all’astratto, allenandola alla terza dimensione e ad un immaginario non figurativo.

Alla fine dei conti un vero e proprio relax per i nostri occhi ed il nostro pensiero ormai sopraffatto da immagini su immagini del reale che ci circonda. Un vero ingresso altrove attraverso una modalità che, nel quotidiano, ci è inconsueto.

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Una palestra filosofica che ci mette a contatto con elementi del nostro pensiero poco utilizzati, ma una volta messi in azione ci rendono più flessibili. Una flessibilità che sviluppa ed acuisce lo spirito critico e di osservazione.

 

Tutto questo nella bellissima città di Lucca.

 

 La Tela Violata dal 19 marzo al 19 giugno 2016 Lu.C.C.A. – Lucca Center of Contemporary Art – Via della Fratta, 36 55100 Lucca

 

Dafne

Appunti su “Gli amici che non ho”

Gli amici che non ho di Sebastiano Mondadori – Codice Edizioni

Un romanzo accattivante e forte, una prosa sempre in bilico fra lirismo e prosaicità, una narrazione esistenziale dove è la vita che morde

Gli amici che non ho di Sebastiano Mondadori - Codice Edizione

E’ un libro intenso, potente, esistenzialista. Leggerlo eccita la mente per la sensazione di “niente da perdere” che viene rimandata dal protagonista, Giuliano Sconforti. L’apparente indifferenza e superficialità dello Sconforti nasconde, e lo capiamo presto, un’intensità di vita ed un anelare ad essa che ci raggiunge quasi  inconsapevolmente.

La cifra del romanzo è’ l’inconsapevolezza del dove verremo condotti dalla scrittura. Una scrittura fluida, veloce, a tratti esaltante: non fatichiamo ad entrare nella profondità che sottintende. Veniamo emotivamente trascinati da una storia che non ci riguarda, che non ci può accadere ma arriviamo fin nel sottosuolo dell’animo dello Sconforti, e con lui articoliamo i pensieri: misteriosamente lo Sconforti ci raggiunge.

I ricordi, la nostalgia, i rimpianti ed i rimorsi, l’amore, il sesso, l’indefinitezza, la vigliaccheria e gli eccessi, ma è la misoginia sottotraccia l’aspetto più difficile da spiegare. In ogni caso, al di là dell’amarezza e della malinconia striscianti, esce fuori dalle pagine un forte senso di riscatto.

Un libro fortemente sentimentale dietro veli di cinismo e  sarcasmo e a tratti poetico per la specificità, ricercatezza e profondità della parola. Sempre comunque in bilico fra lirismi e volgarità. L’autore ha una originale immaginazione metaforica che produce, durante la lettura, associazioni mentali nuove: può accadere che da  apparenti complessità in cui possiamo inciampare, si liberi un’intuizione che fa chiarire pensieri interiori.

Un romanzo per uomini e per donne: la sensibilità femminile è soddisfatta dalle sfumature e dalle articolazioni di pensiero e da frasi esteticamente appaganti. Il punto di vista maschile è soddisfatto, credo, dall’irruenza e dalla goffagine degli accadimenti – dove la praticità della vita sembra sempre prelavere rispetto al sottofondo di emozioni – nonchè dalla scrittura anche arrogante e più che vivace.

E per tutti vale quello strano ed inspiegabile parteggiare per un uomo che all’egoismo ed all’impulsività unisce un qualcosa di disdicevole. Potere della letteratura?

Un libro da leggere, certamente, più di una volta tanto è il materiale descritto, tanto svelta e trascinante la lettura da farci pensare, una volta terminato, che c’è dell’altro e dobbiamo ricominciare !

Citazione:Quanta libertà dalla certezza di essere fraintesi”

Dafne

 

“La visione interiore” di Henri Matisse

In occasione della mostra di Matisse a Roma presso le Scuderie del Quirinale rispolvero un mio post che lo riguarda.

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libri e arte

Una trentina di pagine di riflessioni di Henri Matisse sono sufficienti per entrare nell’orbita del pianeta Arte. Questi piccoli quadernetti dell’editore Viadelvento (i quadernidelvento – testi inediti e rari del Novecento) hanno un fascino particolare, emanano un alone di preziosità, sembrano appena trovati su una scrivania di studio di artista. Si tratta infatti di pensieri non ordinati, senza necessariamente un filo logico, nati spontaneamente da riflessioni libere che si arricchiscono per successive associazioni di idee, apposizione di suggestioni. E noi che leggiamo ci troviamo così vicini all’immaginario dell’artista che non ci rimane che stare silenziosi ad accettare religiosamente le confidenze di ciascuno di loro. Nel caso di Matisse si tratta di personali, intimi tentativi di spiegare il proprio specifico sentire nell’atto del creare, come anche dell’intento riuscito di guardarsi all’opera con un occhio esterno per dare una personale definizione, decrizione anche pratica, strumentale, del fare arte. Vale la pena leggerne…

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Fantastico inaspettato teatro

E’ inaspettato, perchè è di giovedi ed il biglietto si acquista sul momento al costo di una proiezione cinematografica. Ma è teatro. Sarà che in questa città di provincia per quanto culturalmente significativa non accadono cose così, inaspettate appunto.

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Winter è una pièce teatrale scritta da John Fosse, considerato il massimo scrittore e drammaturgo norvegese vivente. Già questo è interessantissimo: l’incursione della Norvegia in una tranquilla città della mite Toscana. Il regista Oskar Korsunovas è conosciuto in tutto il mondo. Questi due grandi nomi spalancono le porte ad una intensa rappresentazione teatrale di grandissima qualità e di forte impatto emotivo in una normalissima serata di fine inverno, proponendosi senza clamori ed affidandosi all’intuito del potenziale spettatore che passa davanti alla locandina affissa lateralmente al Teatro, dato che lo spettacolo si svolgerà non nella sede teatrale principale, ma in quella secondaria. In realtà ci sentiamo dei privilegiati noi che siamo lì, in questo non grande teatro, con solo la platea ed il palco – e quindi gli attori – a ridosso delle nostre teste.

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I due attori – bravissimi -sono talenti italiani; la donna è lituana naturalizzata italiana, l’uomo è addirittura della stessa città di provincia che ospita lo spettacolo. E così, in un’ora di spettacolo, ogni provincialismo è bandito: Lituania, Norvegia, Italia, mostri viventi della drammaturgia e giovani attori premiati dai loro anni di studio.

Lo spettacolo è entusiasmante per come riesce ad entrare fra le pieghe dell’umano sentire per poi enucleare le recondite motivazioni del vissuto. E’ teatro puro, vivido, come carne viva. E’ teatro all’ennesima potenza: non solo le parole scandagliano gli avvenimenti interiori, le motivazioni estreme; a queste si aggiunge – esaltando potentemente il contenuto e l’espressività – la rappresentazione vera e proprio, ovvero la fisicità degli attori che si muovono nello spazio, fra la scenografia. Il corpo narra quanto e più delle parole. Il teatro è parola – corpo – spazio – fuori dall’ordinario. Al teatro la parola , il corpo e lo spazio possono essere utilizzati sfruttando la genialità dei registi e dei drammaturghi che riescono e possono osare oltre le convenzioni delle parole, del corpo e dello spazio stessi.

Solo così, grazie a questa arte della drammaturgia, il tema esistenziale viene scandagliato a profondità a cui non si potrebbe altrimenti arrivare. E ci tocca interiormente, in una normale serata di fine inverno, durante un’ora di spettacolo intensissimo.

Dafne

Winter

“uno stanco uomo d’affari incontra una donna nel parco di una città. Bella, scapigliata e strana, lei rappresenta un enigma al quale è difficile resistere. Lui la porta nella sua camera d’albergo e intreccia con la donna una relazione appassionante. Questa commedia esplora un incontro tanto ordinario quanto estremo”.

Testo teatrale John Fosse

Regia ed ideazione scenica Oskar Korsunovas

Attori : Ruta Papartyte e Marco Brinzi