arte

Turner, le opere della Tate a Roma

Nel suggestivo contesto del Chiostro del Bramante, a due passi da Piazza Navona in Roma, si apre al nostro sguardo il mondo interiore e vissuto di William Turner, pittore del romanticismo inglese ( Londra, 23 aprile 1775 – Chelsea, 19 dicembre 1851 ).

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Attraverso le sue opere si scopre la sua vita, totalmente dedicata alla sua arte.

La mostra si apre con un acquarello di non grandi dimensioni (cm 24,4 x 30,4 ) collocato sulla parete blu cobalto di un ambiente di dimensioni misurate e solo leggermente illuminato.

Il titolo di questa prima opera che viene offerta alla nostra vista è  Venice: looking across the lagoon at sunset. Già dal titolo possiamo intuire la  suggestione suscitata. Da notare che molte opere di Turner hanno titoli molto lunghi e descrittivi.

La mostra è molto interessante, coinvolgente e suggestiva. Da non perdere.

TURNER Opere della Tate – 22 marzo / 26 agosto 2018

Chiostro del Bramante, Via della Pace -Roma

 

Dafne

 

L’ arte di Arthur Miller, ovvero il Teatro

” [ … ] si può ben ammettere che l’arte e la rappresentazione teatrale costituiscano una ben definita manifestazione d’un profondo bisogno sociale, un bisogno che trascende una particolare forma di società o un particolare momento storico.” A.M

E’ il fascino ed il mistero del Teatro che ogni volta che siedo su una poltrona rossa mi pervade.

Nel giorno della memoria, il 27 gennaio, ho assistito alla rappresentazione teatrale “Vetri Rotti” del grande drammaturgo americano Arthur Miller per la regia di Armando Pugliese con Elena Sofia Ricci, GianMarco Tognazzi, Maurizio Donadoni senza dimenticare gli altri tre bravi attori: Elisabetta Arosio, Alessandro Cremona, Serena Amalia Mazzone.

Tutti insieme hanno contribuito a rendere merito alla interessante, profonda ed articolata sceneggiatura di Arthur  Miller.

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E’ già di grande interesse che la vicenda ambientata nel 1938  e che ha sullo sfondo i fatti che stanno accadendo nella Germania nazista ( La notte dei cristalli) si svolga a Brooklyn, ad un oceano di sostanza dai luoghi delle efferatezze. Questo consente allo spettatore di sperimentare uno sguardo lontano, esterno, extraeuropeo: esercizio utile per non relativizzare tutto ciò che sta accadendo nel mondo e per provare NOI, adesso, a non essere lontani da quei popoli, al di là del Mediterraneo …

La distanza non deve avere valore rispetto all’empatia fra umani, che siano marito e moglie o persone sconosciute ma accomunate da una qualche appartenenza. Ed infatti è proprio qui che sta il genio Miller: saper intrecciare la vicenda universale a quella familiare, giocare con le mancate identità dei personaggi ( in questo caso identità ebraica) per mostrare come la fragilità di un uomo – la sua incapacità di guardarsi allo specchio – abbia chiare conseguenze sulla vita della persona a lui più vicino, la moglie. Sperimentare il possibile potere dell’empatia e della partecipazione umana sulla propria vita, come si evince dalla trama:

“Brooklyn, novembre 1938. Sylvia Gellburg, ebrea, casalinga, viene improvvisamente colpita da un’inspiegabile paralisi agli arti inferiori. Il medico, Herry Hyman, suo coetaneo e conoscente, è convinto della natura psicosomatica del male e, al tempo stesso, è sentimentalmente attratto dalla donna, mentre il marito di Sylvia, Phillip, non riesce ad accettare quanto sta accadendo. Ben presto emerge che Sylvia è ossessionata dalle notizie delle persecuzioni contro gli ebrei in Germania. Sono gli echi della Kristallnacht, ma forse l’angoscia della protagonista per quegli avvenimenti si somma ad altre fonti di frustrazione ed inquietudine”

E’ difficile descrivere tutta la complessità psicologica che esce dalla messa in scena, a dimostrazione della vera e propria arte drammaturgia di Arthur Miller. E’ questo il teatro: una forma di espressione diversa dalla letteratura e diversa dal cinema che difficilmente trova parole quando tentiamo di descriverlo.

Il teatro è una parafrasi della vita, per questo lo capiamo solo vivendolo, ovvero andando a Teatro con la nostra persona!

“Nel teatro ciò che io apprezzo soprattutto è la poesia, ed insisto che di essa il teatro non può fare a meno” A.M.

Da non perdere. 

Dafne Visconti

La Tela Violata – Arte

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La Tela Violata è la mostra corrente al Lu.C.C.A (Lucca Center of Contemporary Art).

Fontana, Castellani, Burri, Scheggi, Simeti, Amadio e l’indagine fisica della terza dimensione.

Una visita che espone la nostra mente all’astratto, allenandola alla terza dimensione e ad un immaginario non figurativo.

Alla fine dei conti un vero e proprio relax per i nostri occhi ed il nostro pensiero ormai sopraffatto da immagini su immagini del reale che ci circonda. Un vero ingresso altrove attraverso una modalità che, nel quotidiano, ci è inconsueto.

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Una palestra filosofica che ci mette a contatto con elementi del nostro pensiero poco utilizzati, ma una volta messi in azione ci rendono più flessibili. Una flessibilità che sviluppa ed acuisce lo spirito critico e di osservazione.

 

Tutto questo nella bellissima città di Lucca.

 

 La Tela Violata dal 19 marzo al 19 giugno 2016 Lu.C.C.A. – Lucca Center of Contemporary Art – Via della Fratta, 36 55100 Lucca

 

Dafne

“La visione interiore” di Henri Matisse

In occasione della mostra di Matisse a Roma presso le Scuderie del Quirinale rispolvero un mio post che lo riguarda.

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libri e arte

Una trentina di pagine di riflessioni di Henri Matisse sono sufficienti per entrare nell’orbita del pianeta Arte. Questi piccoli quadernetti dell’editore Viadelvento (i quadernidelvento – testi inediti e rari del Novecento) hanno un fascino particolare, emanano un alone di preziosità, sembrano appena trovati su una scrivania di studio di artista. Si tratta infatti di pensieri non ordinati, senza necessariamente un filo logico, nati spontaneamente da riflessioni libere che si arricchiscono per successive associazioni di idee, apposizione di suggestioni. E noi che leggiamo ci troviamo così vicini all’immaginario dell’artista che non ci rimane che stare silenziosi ad accettare religiosamente le confidenze di ciascuno di loro. Nel caso di Matisse si tratta di personali, intimi tentativi di spiegare il proprio specifico sentire nell’atto del creare, come anche dell’intento riuscito di guardarsi all’opera con un occhio esterno per dare una personale definizione, decrizione anche pratica, strumentale, del fare arte. Vale la pena leggerne…

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Fantastico inaspettato teatro

E’ inaspettato, perchè è di giovedi ed il biglietto si acquista sul momento al costo di una proiezione cinematografica. Ma è teatro. Sarà che in questa città di provincia per quanto culturalmente significativa non accadono cose così, inaspettate appunto.

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Winter è una pièce teatrale scritta da John Fosse, considerato il massimo scrittore e drammaturgo norvegese vivente. Già questo è interessantissimo: l’incursione della Norvegia in una tranquilla città della mite Toscana. Il regista Oskar Korsunovas è conosciuto in tutto il mondo. Questi due grandi nomi spalancono le porte ad una intensa rappresentazione teatrale di grandissima qualità e di forte impatto emotivo in una normalissima serata di fine inverno, proponendosi senza clamori ed affidandosi all’intuito del potenziale spettatore che passa davanti alla locandina affissa lateralmente al Teatro, dato che lo spettacolo si svolgerà non nella sede teatrale principale, ma in quella secondaria. In realtà ci sentiamo dei privilegiati noi che siamo lì, in questo non grande teatro, con solo la platea ed il palco – e quindi gli attori – a ridosso delle nostre teste.

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I due attori – bravissimi -sono talenti italiani; la donna è lituana naturalizzata italiana, l’uomo è addirittura della stessa città di provincia che ospita lo spettacolo. E così, in un’ora di spettacolo, ogni provincialismo è bandito: Lituania, Norvegia, Italia, mostri viventi della drammaturgia e giovani attori premiati dai loro anni di studio.

Lo spettacolo è entusiasmante per come riesce ad entrare fra le pieghe dell’umano sentire per poi enucleare le recondite motivazioni del vissuto. E’ teatro puro, vivido, come carne viva. E’ teatro all’ennesima potenza: non solo le parole scandagliano gli avvenimenti interiori, le motivazioni estreme; a queste si aggiunge – esaltando potentemente il contenuto e l’espressività – la rappresentazione vera e proprio, ovvero la fisicità degli attori che si muovono nello spazio, fra la scenografia. Il corpo narra quanto e più delle parole. Il teatro è parola – corpo – spazio – fuori dall’ordinario. Al teatro la parola , il corpo e lo spazio possono essere utilizzati sfruttando la genialità dei registi e dei drammaturghi che riescono e possono osare oltre le convenzioni delle parole, del corpo e dello spazio stessi.

Solo così, grazie a questa arte della drammaturgia, il tema esistenziale viene scandagliato a profondità a cui non si potrebbe altrimenti arrivare. E ci tocca interiormente, in una normale serata di fine inverno, durante un’ora di spettacolo intensissimo.

Dafne

Winter

“uno stanco uomo d’affari incontra una donna nel parco di una città. Bella, scapigliata e strana, lei rappresenta un enigma al quale è difficile resistere. Lui la porta nella sua camera d’albergo e intreccia con la donna una relazione appassionante. Questa commedia esplora un incontro tanto ordinario quanto estremo”.

Testo teatrale John Fosse

Regia ed ideazione scenica Oskar Korsunovas

Attori : Ruta Papartyte e Marco Brinzi

Innamorarsi 52 volte – Il Museo del Mondo

52 capolavori per 52 storie – Il museo del Mondo di Melania Mazzucco Einaudi Editore

Il Museo del mondo Einaudi Editore

Il Museo del mondo Einaudi Editore

Si tratta di 52 capolavori dell’arte nei secoli prodotti dall’antichità ai giorni nostri. 52 capolavori raccontati ciascuno in due tre pagine al massimo; ciascuno di questi racconti dischiude  a pensieri e suggestioni come se di pagine ne leggessimo a decine. Questa è la forza e la capacità di racconto di Melania Mazzuco. Ogni sua parola o breve descrizione allude ad altro, apre finestre dell’immaginazione, porta a richiami e collegamenti, acuisce la curiosità, spingendoci oltre quelle parole, accendendo l’attrazione verso l’oggetto  del racconto. Ci trascina impetuosamente grazie al talento di romanziera nell’epoca del quadro, ci fa intravedere ed intuire vividamente la personalità dell’autore, la specifica anima artistica di ciascuno di essi.

Non possiamo rimanere indifferenti, anzi, ci innamoriamo ogni volta, per 52 volte.

Ogni opera ha sempre una sua specifica storia, una sua genesi e sviluppo, un suo carattere e personalità, come accade per le persone e come immaginiamo per l’autore di ciascuna opera. Tale complessità di contenuti è raccontata con semplicità e passione, vera conoscenza, grande competenza ed emozione. Un approccio non didascalico ma che non omette informazioni significative. Un interessantissimo ingresso nel mondo dell’arte e degli artisti di tutti i tempi che nell’insieme  riesce a farci comprendere la grande unitarietà dell’arte, l’imprescindibile filo conduttore che attraversa i tempi, le epoche, gli stili, tanto che le opere non sono presentate né per ordine cronologico, né tematiche stilistiche, ma quasi per improvvisi ricordi, come se l’autrice procedesse per analogie e associazioni di idee del tutto personali.

E’ il Museo immaginario di Melania Mazzucco.

Melania Mazzucco

Melania Mazzucco

Rapiti come se ci raccontassero una favola, come se ci svelassero segreti, ogni volta ho avvertito la grande complessità che sta dietro a qualsiasi opera d’arte che abbia resistito al tempo, dandomi la possibilità di spiegare od appena intuire il motivo di una rapimento estetico, l’inspiegabile forza attrattiva di certe opere, sensazione che altrimenti può provocare un certo senso di smarrimento se vissuta senza appigli e punti di riferimento. Ecco, questo volume offre la possibilità di trovare quel sostegno, quell’attacco, quella risorsa in più per tradurre le proprie emozioni di fronte al mistero della fascinazione da opera d’arte.

Inoltre il libro stampato da Einaudi è un bellissimo prodotto editoriale, come se ne vedono raramente. La carta è di prestigio, la resa dell’immagine delle opere è ottima, le dimensioni del volume non sono invadenti, poco più di un qualsiasi romanzo. E Melania Mazzucco conferma le sue doti di vera scrittrice.

 

Dafne

 

La danza ed il suo mistero

Mi è capitato spesso di riflettere sulla danza e sul suo significato più profondo. Su cosa abbia di diverso dalle altre forme di arte, su quale livello riesca a coinvolgerci, quali corde interne vada a toccare. E’ lampante che al centro del tutto vi sia il CORPO e le sue innumerevoli possibilità espressive.

Coloro che praticano la danza sono i detentori assoluti di questa possibilità espressiva e comunicativa, capaci di una vera e propria estroflessione dell’universo interiore attraverso il corpo.

Otello - Compagnia del Balletto di Roma

Otello – Compagnia del Balletto di Roma

Doti fisiche e rara sensibilità interiore educate ed amalgamate da una rigorosa disciplina e da una continua ricerca fanno nascere quelle persone speciali che noi chiamiamo semplicemente “BALLERINI”, veri artisti che che ci consentono , se vogliamo, di attraversare il vetro opaco dei nostri confini sensoriali e sfociare altrove, stare un po’ in questo altrove e poi rientrare nel nostro mondo con una coscienza nuova, una coscienza sorpresa.

Rudolf Nureyev

Rudolf Nureyev

 

“Quando un danzatore è all’apice della potenza, possiede due cose splendide, fragili e deteriorabili: la spontaneità, conquistata dopo anni di esercizio e la semplicità, non intesa nell’accezione usuale, ma come stato di semplicità assoluta, quello di cui parla T.S Eliot e che si consegue sacrificando assolutamente tutto” Martha Graham

Del resto i sentimenti ed i valori che la danza vuole studiare ed esprimere sono sentimenti e valori UNIVERSALI e come tali ci raggiungono, istintivamente.

Concepisco la danza come il frutto di una ricerca che è crocevia fra corpo e intelletto. La perfetta sinergia fra CORPO e MENTE e come avviene per i sistemi complessi durante una rappresentazione teatrale il tutto è sempre di più che la somma della parti.

La coppia Anna Tsygankova Matthew Golding

La coppia Anna Tsygankova Matthew Golding

Charles Baudelaire spiega così il valore aggiunto insito nell’arte della danza: ” La Danza può rivelare tutto ciò che la musica racchiude”

La Danza ci piace davvero!

Dafne

Splendida Alma

E’ tornata alle stampe l’autobiografia di Alma Mahler, merito dell’Editore Elliot.

La mia vita Alma Mahler Elliot editore

La mia vita Alma Mahler Elliot editore

Accade che certi argomenti si rincorrano: non molto tempo fa fu un intervento della scrittrice Melania Mazzucco a farci conoscere il protagonismo di questa donna nell’Europa dei primi del secolo scorso. Il suo destino si intreccia all’arte attraverso i suoi grandi appassionati e spesso tragici amori. I più noti sono Gustav Klimt, Gustav Mahler e Oskar Kokoscha. Attraverso il racconto della sua vita entriamo nel dietro le quinte di autori ed opere e ci avviciniamo al mistero dell’ispirazione artistica, della sua motivazione. Uno svelamento anche un poco impudico che rende umanissimi alcuni protagonisti dell’arte fra Ottocento e Novecento e conferma quanto l’arte sia spesso mossa da pulsioni espressive che maturano sull’albero del sentimento amoroso.

Si narra che Gustav Mahler scrisse le sue partiture migliori durante i nove anni di matrimonio con Alma, diventata la sua ombra e attentissima copista delle partiture sebbene poi lei descriva le proprie forti contraddizioni interiori rispetto alla devozione all’importante marito. Gustav Mahler al termine della loro convivenza poté guarire dall’indicibile dolore solo con l’aiuto di Sigmund Freud. D’altra parte Oskar Kokoschka sfiorò la follia; follia che intravediamo nel tormentato quadro “La sposa del vento”, una sorta di autoritratto della intricata relazione fra i due.

La sposa del vento Oskar Kokoschka

La sposa del vento Oskar Kokoschka

In questo volume troviamo molte suggestioni e interpretazioni sul tema dell’arte, dell’arte che imita la vita e la vita che imita l’arte, un punto di vista insolito, indiretto.

Dafne Visconti

Photoluxfestival e Circuito off : la fotografia si fa strada

logoPHOTOLUX_01 La città di Lucca si sta preparando al Photoluxfestival, il Festival Internazionale della fotografia. Il festival ha cambiato, ultimamente, la sua impronta filosofica rispetto ad una decina di anni fa. Intanto è diventato un evento biennale e poi ha lanciato una comunicazione, diretta, calda, efficace; lo avvertiamo leggendo il chi siamo. Questa edizione si farà notare per la partecipazione di personaggi illustri come Sara Munari e Oliviero Toscani. Interessante il tema che affronterà Oliviero Toscani :

Oggi la fotografia è l’Arte più facile ed accessibile. Ma quanti sono gli Autori?

Questo è un tema davvero interessante, assai attuale, ed è fondamentale prenderne coscienza e reperire qualche strumento utile per poter avere un pensiero critico in proposito.

Sarà proiettato nelle sale del Cinema storico della città “Il sale della Terra” , il documentario di Wim Wender su Sebastião Salgado.

Poi vi saranno numerosi workshop oltre che ad  incontri conviviali in libreria insieme a fotografi e ad altri attori del mondo fotografico.

Due le mostre – evento: la mostra dei vincitori del WORLDPRESSPHOTO e la mostra, in realtà itinerante per l’Europa, denominata EPEA: dodici fotografi di nazionalità diverse hanno dato vita ad altrettante interpretazioni visuali del concetto di “The New Social”.

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Ma la cosa che trovo più interessante e divertente è il CIRCUITO OFF : autori non professionisti selezionati da una giuria esporranno in contesti di vita cittadina del centro storico della città. Quindi vedremo le personali di decine di appassionati fotografi allestite in negozi di ogni tipo, in bar, ristoranti, librerie, studi d’artista.

Un bel movimento, tante immagini da scoprire, tante realtà da aggiungere al nostro immaginario.

Da non perdere.

Dafne

Il sale della Terra e l’anima del fotografo

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Una bella esperienza il documentario su Salgado realizzato da Wim Wenders

Ho compreso profondamente due aspetti della fotografia “antropologica”.

  • Consideravo poco etico fotografare persone e/o popoli come spettatore esterno in situazioni di difficoltà con la finalità di ottenere belle immagini; grazie a questo bel racconto di Wim Wenders su Sebastião Salgado ho capito con certezza che il mezzo fotografico non è cosa diversa dall’uomo stesso in casi emblematici come questo, sui posti e accanto alle persone vi è certamente ed esclusivamente l’uomo Salgado con tutta la sua portata, non esiste spettatore esterno: l’obiettivo fotografico e l’animo sono indistinguibili.
  • Al termine della proiezione si comprende, affascinati, quanto solo l’abnegazione assoluta di giorni mesi ed anni e la progettazione approfonditissima verso ciascuna Ricerca Fotografica abbia permesso la realizzazione di Opere vere e proprie che trasmettono spessore, eternità.

Salgado insegna umanamente e professionalmente.

Da vedere.

Dafne