“La tempesta” diventata “La sposa del vento”

Proprio così: l’autore lo aveva intitolato “La Tempesta”, ma l’amico poeta Gerog Trakl, alla vista del quadro che asciugava sul cavalletto, suggerì al pittore un altro titolo: “La sposa del vento”. Così fu.

La sposa nel vento Oskar Kokoschka 1914

La sposa del vento  – Oskar Kokoschka  – 1914

E’ avvicente l’intervento di Melania Mazzucco sull’opera “La sposa del Vento” (1914) di Oskar Kokhoschka. Trovo molto interessante il suo focalizzare l’attenzione sull’aspetto sentimentale e privato di questa opera, esaltandone la potenza e ammirando il coraggio dell’autore.

“Non c’è niente di più pericoloso per un artista che mostrare i propri sentimenti, le proprie ferite, le proprie illusioni. Il ridicolo ti aspetta al varco. Per accettare la sfida, bisogna essere o molto giovani o molto vecchi. O molto coraggiosi.”

Si scopre che si tratta di un autoritratto: l’uomo è Kokoscha stesso, e la donna è Alma Schindler, la sua amata; sono rappresentati come in una tempesta di emozioni, le pennellate grumose e spaziose danno un senso di movimento che più che esterno è interiore; si avverte un che di indomito, e la consapevolezza della brevità del riposo, sia fisico che dell’anima.

Il pittore aveva 28 anni quando dipinse questo quadro, e nell’autobiografia scrisse di averlo dipinto quando con Alma era già tutto finito

“Usò un verbo molto strano: disse di essersi “districato” da lei.”

La Mazzucco parla di coraggio del pittore nell’esternare il proprio vissuto, ma mi viene da pensare che più che di coraggio si tratti di necessità, quella particolare specifica necessità insita in persone speciali che fa loro produrre Arte.

In ogni caso trovo questo dipinto bellissimo e vale la pena ricordare che

“Kokoschka avrebbe dipinto per altri sessantasei anni: una vita intera. Ma nessuno dei suoi quasi cinquecento quadri avrebbe avuto la visionaria potenza di questo.”

Forza di un sentimento mai più vissuto?

Dafne

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24 comments

      1. Direi soprattutto “la bufera infernal”, il vento inarrestabile che trasporta le anime degli amanti tormentandoli. Paolo e Francesca, insomma!

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    1. Esattamente ciò a cui ho pensato appena ho visto questo quadro: questi due sono come Paolo e Francesca!

      Bellissimo quadro! Trovo i dipinti di Oskar Kokoschka molto intensi, questo in particolar modo.

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  1. Credo che tra i pensieri di Kokhoschka ci fossero le rappresentazione (di fine ottocento) del mito di Paolo e Francesca, solo che all’affettato mielismo e romanticismo di quei modelli, lui affronta il soggetto con forza e impulsività, con quella pennellata frenetica e rapida tipica dell’espressionismo d’oltralpe.
    Confesso che non ho mai amato questo artista, ma pensare che questa tela fu realizzata nel 1914, la dice lunga sulla sperimentazione di quegli anni, tanto forte e intrecciata allo stravolgimento sociale.

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    1. Non dobbiamo dimenticare, infatti, che i quegli anni Freud aveva gia rivelato le pieghe segrete dell’anima e dell’Eros; Kokoschka è giovane e sembra proprio che abbia assorbito, liberandosi, queste nuove prospettive e, come dici tu Lois, abbia potuto affrontare con “forza ed impulsività” la rappresentazione del suo amore.

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  2. Poi si diffuse la sensazione, non so quando fondata, che il dipinto rappresentasse una premonizione della castastrofe che da li a poco avrebbe investito l’Europa… Mi piace pensarlo però…

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  3. E’ un dipinto forte, come forte è il verbo ‘districarsi’ che impone l’idea di fatica e di percorso sofferto per ritrovare l’unicità fuori dalla simbiosi e della confusione di due anime. Trovo molto efficace il post e belli gli arricchimenti dei commentatori. Complimenti.

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    1. Grazie moltissimo, mi fa sempre tanto piacere capire che i post attivano i pensieri degli altri.
      Anche a me è piaciuto molto il termine “districarsi”, lo trovo coerente al quadro ed anche significativo dell’idea di vera relazione/inter-relazione fra persone quando esse svelano e trasfondono reciprocamente le loro interiorità (anime) a dimostrazione che esse riempono l’un l’altra gli spazi altrimenti vuoti.
      Grazie ancora a te.

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  4. L’Espressionismo può piacere o non piacere, ma senza dubbio le opere di questo periodo ti catturano e ti trascinano.
    Ed è strano come, in quest’opera, l’uso del verbo “districarsi “(per altro, bellissimo) sembra descrivere quasi l’opposto di quello che succede nella tela..perchè sembra che le due figure si compenetrino attraverso i colori.
    Non me la ricordavo questa tela..bello rivederla!

    p.s una curiosità, i pensieri della Mazzucco sull’opera provengono da un libro/saggio?

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    1. Grazie delle tue parole di approfondimento e del tuo passaggio qua!
      Si trattava di interventi che Melania Mazzuco presentava settimanalmente su “LaRepubblica”. Adesso sì, sono raccolti in un saggio di recente uscita.

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